spiriticchio,

i fiori di moro

Di Chianelli e Conforti

Con Ettore Nigro

Scene Giancarlo Minniti

Aiuto regia Giovanni Sbarra

Regia Mario Autore

SINOSSI

“Spiriticchio – I fiori di Moro” è un soliloquio. A parlare è Antonio Spiriticchio, il fioraio di stanza a via Fani che il giorno del sequestro di Aldo Moro non si trovò sul luogo di lavoro perché i terroristi la notte precedente avevano provveduto a forare le ruote del suo furgoncino, da cui ogni giorno vendeva i fiori, per impedirgli di essere presente nel luogo del rapimento, sbarazzandosi così di uno scomodo testimone.

Spiriticchio è quindi il simbolo di chi doveva esserci, e non c’è stato, a osservare da vicino uno degli episodi cruciali e più controversi della recente storia d’Italia; come ogni abitante, come tutto il paese. E così quel dover esserci e non esserci stato diventa la metafora di una verità sepolta, di una realtà che sfuggì e sfugge ancora a chi aveva il diritto di sapere. Conservato in una scatola nera mai più ritrovata, il sequestro Moro assume perciò i contorni mitici di un giorno che resterà per sempre nella mente di chi viveva e arriverà ai posteri soffuso da un alone misterioso e inquietante, scontornato dal fatto storico per entrare nella leggenda del “tu dov’eri, quel giorno?”. Si stratificheranno idee, ipotesi, complotti, versioni impressionistiche, come quella che esce dalle parole in romanesco di un lavoratore candido e dal carattere mite: “Uno che si chiama Spiriticchio che destino ha? Certo non quello di uno de fegato”. Circondato dai colori che gli fanno compagnia ogni giorno, l’uomo del popolo conosce il linguaggio dei fiori e intanto che racconta il suo mestiere, fatto di routine dura e poco redditizia, a contatto con le persone normali, mentre serve i clienti spiegando cosa significhi davvero un crisantemo o un narciso, incrocia, praticamente senza volerlo, la vicenda del celebre politico della Democrazia Cristiana: “Chissà moando’stà por omo, perché sarà pure presidente, ma dico, è pur sempre n’omo”. La storia con la s minuscola entra in contatto con la grande storia senza soluzioni di continuità. Un contrasto impossibile riscattato dalla dolcezza del fiore, che Spiriticchio intravede come trait d’union, in controluce, della sequenza micidiale che portò al rapimento: il cognome di uno dei brigatisti, il segnale del passaggio delle auto dato appunto con un mazzo di fiori, fino ai petali ritrovati sul cadavere di Moro. Segno dell’unica possibile partecipazione del paese messo all’oscuro: l’innocenza senza voce, la partecipazione passiva delle piccole storie alla storia grande che si mette in moto, inesorabile, calpestando tutti come schiacciasassi su un prato fiorito.

NOTE DI REGIA

Raccontare il vuoto, l’attesa di un popolo attraverso un Fioraio che quel giorno non c’è -Stato- e invece avrebbe dovuto esserci a occupare quell’unico spazio, in via Fani, dove l’automobile di Moro è stata incastrata dai suoi rapitori. Gli occhi del Fioraio – Antonio Spiriticchio – sono occhi ingenui che non riescono a capire esattamente cosa stia accadendo, e quali “segreti” possano celarsi dietro questo accaduto.

Intercettiamo Antonio, uno/due giorni dopo il rapimento di moro, lo vediamo eseguire il suo lavoro trai i fiori che porta ogni giorni in quel posto, gli spettatori, come passanti o come anime mute, ascoltano il punto di vista di un uomo “semplice”, che a modo suo, come gran parte degli italiani, aveva un legame affettivo con il Presidente Aldo Moro, “Lo conosceva” perché lui, il presidente, comprava i fiori per la moglie e la figlia. Per riempire il vuoto lasciato, ricolmarlo della presenza dello stato -Spiriticchio- ascolterà la radio, leggerà articoli di giornali, ma soprattutto racconterà l’accaduto attraverso il linguaggio e il simbolismo dei fiori, ci farà vedere e sentire il profumo che hanno dentro le persone in basa alla tipologia di fiori acquistati, egli riempie di fiori lo spazio, fiori che come una premonizione erano sempre stati li e resteranno ancora per molto come monito su una delle vicende più controverse dello stato Italiano.
“Forse sono I morti che donano fiori ai vivi?”